Ieri, 29 novembre 2018, alle ore 15,00 si è svolto presso il MIUR il previsto incontro di approfondimento tecnico sugli aspetti applicativi dell’art 39 del Decreto 129/2018.

L’Amministrazione ritiene tale articolo migliorativo rispetto al corrispondente art. 46 del DI 44/2001, perché perimetra in modo preciso e attento l’ambito e le responsabilità del Dirigente rispetto agli interventi di manutenzione degli edifici scolastici.

Lo SNALS ha sottolineato come, invece, il comma 2 non sia sufficientemente esaustivo nel dettagliare responsabilità e fondi da utilizzare.

Lo SNALS ha inoltre reiterato la richiesta di rinviare l’applicazione del DI 129/2018 all’anno scolastico 2020/21 ritenendo il testo di difficile interpretazione e applicabilità, considerate le ristrettezze dei tempi e la mancata formazione del personale.

La proposta della Commissione Europea per il bilancio pluriennale 2021-2017 dell’UE è uno stanziamento di 100 miliardi di euro per ricerca ed innovazione nel nuovo programma europeo ribattezzato “Orizzonte Europa”.

L’attuale programma in scadenza Orizzonte 2020 ha rappresentato un successo per l’Europa ma l’Italia non ha saputo utilizzare i fondi assegnati e la spesa , a livello nazionale, è stata di gran lunga al di sotto in termini percentuali, delle risorse finanziarie messe a disposizione, nonostante la presenza dell’’Agenzia per la coesione territoriale, agenzia pubblica italiana, vigilata direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha l’obiettivo di sostenere, promuovere ed accompagnare programmi e progetti per lo sviluppo e la coesione territoriale.

L’Agenzia è stata istituita ai sensi dell’art. 10 del decreto legge 101/2013, acquisendo parte delle funzioni del soppresso Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, ed ha il compito di fornire supporto all’attuazione della programmazione comunitaria e nazionale (cicli 2007-2013 e 2014-2020), attraverso azioni di accompagnamento alle Amministrazioni centrali e regionali titolari di programmi operativi e agli enti beneficiari degli stessi, oltre ad attività di monitoraggio e verifica degli investimenti e di supporto alla promozione e al miglioramento della progettualità e della qualità, della tempestività, dell’efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi.

Essa promuove lo sviluppo economico e la coesione al fine di eliminare il divario territoriale all’interno del Paese e rafforzare la capacità amministrativa della PA e deve rispondere ai fabbisogni di sviluppo dei territori per creare condizioni strutturali utili al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. La sua funzione principale , in sintesi, è quella di declinare con chiarezza attraverso bandi i programmi operativi (PO).

Per la programmazione 2014 – 2020 l’Unione Europea ha assegnato all’Italia oltre 46,4 miliardi distribuiti in 75 programmi tra nazionali e regionali attraverso tre fondi: fondo sviluppo regionale, fondo sociale, fondo di coesione. La spesa effettuata a ridosso della penultimo anno della programmazione Europa 2020 si attesta intorno all’8% dell ‘ammontare complessivo. Quindi è decisamente inadeguata ed insufficiente.

Tra le principali novità del nuovo programma “Orizzonte Europa”, c’è la creazione di un Consiglio europeo dell’innovazione (CEI), che dovrebbe servire da referente unico per portare dal laboratorio al mercato le più promettenti tecnologie ad alto potenziale e rivoluzionarie e aiutare le start-up e le imprese più innovative a sviluppare le loro idee. Il nuovo CEI contribuirà a individuare e finanziare le innovazioni ad alto rischio e in rapida evoluzione che hanno forti potenzialità di creare nuovi mercati.

“Orizzonte Europa” prevede inoltre nuove missioni Ue per la ricerca e l’innovazione incentrate sulle sfide per la società e la competitività industriale (dalla lotta contro il cancro ai trasporti puliti o alla rimozione della plastica dagli oceani). Il programma intende anche massimizzare il potenziale di innovazione in tutta l’Ue, raddoppiando il sostegno fornito agli Stati membri in ritardo con gli sforzi per mettere a frutto il loro potenziale nazionale di ricerca e innovazione.

Dinanzi al nuovo scenario prospettato è auspicabile per l’Italia che l’Agenzia preposta per la gestione e la fruizione dei fondi messi a disposizioni cambi la governance per ottenere migliori e più efficaci risultati in termini di fruizione e spesa dei finanziamenti ricevuti dall’UE su tutto il territorio nazionale.

Si è tenuto, nel pomeriggio del 29 novembre 2018, l’atteso incontro al Miur sul prossimo concorso ordinario per la scuola dell’infanzia e primaria. In particolare, il Miur ha presentato alle OO.SS. le seguenti tre bozze di decreti ministeriali:

1)  bozza del DM concernente le disposizioni sul concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno, le prove d’esame ed i relativi programmi;

2)  bozza del DM concernente la tabella dei titoli valutabili nei concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno;

3)  bozza del DM concernente i requisiti dei componenti delle commissioni giudicatrici dei concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno.

Nei prossimi giorni i testi saranno trasmessi al CSPI per i prescritti pareri.

Il concorso avrà validità biennale (2020/2021 e 2021/2022) e sarà bandito a livello regionale per un totale di 10.183 posti solo nelle Regioni che presentano una effettiva vacanza e disponibilità di posti nell’organico dell’autonomia e nelle quali le graduatorie di merito del 2016 siano esaurite o non sufficientemente capienti.

Per accedere al concorso sarà necessario il diploma magistrale ed il diploma sperimentale ad indirizzo linguistico conseguiti entro l’a.s. 2001/02, ovvero la laurea in Scienze della formazione primaria o analogo titolo estero equipollente. Per i posti di insegnamento sul sostegno sarà necessaria la relativa specializzazione.

La bozza di Decreto ministeriale concernente le disposizioni sul concorso prevede che, nel caso in cui il numero dei candidati a livello regionale sia superiore a tre volte il numero dei posti messi a concorso, possa esserci una prova preselettiva. A tal riguardo lo Snals ha chiesto di non prevedere prove pre-selettive di accesso. La procedura concorsuale si articolerà in una prova scritta (di 180 minuti e composta da tre quesiti) ed una prova orale.

Per quanto riguarda la tabella di valutazione dei titoli lo Snals ha chiesto un adeguato riconoscimento al possesso della laurea in Scienze della formazione primaria (i titoli culturali e professionali saranno valutati fino ad un massimo complessivo di 20 punti) e l’abbassamento del punteggio minimo richiesto per superare sia la prova scritta che quella orale (da 28 punti a 24 punti).

Si è svolto  il previsto incontro sul contratto della mobilità del personale docente, educativo e ATA per l’a.s. 2019-20 fra il Miur e le rappresentanze sindacali.

Lo Snals ha chiesto ed ottenuto di analizzare la bozza del contratto condivisa con i sindacati,articolo per articolo, in incontri calendarizzati con l’Amministrazione, ribadendo la assoluta necessità che il lavoro di stesura finale del contratto triennale sia ampiamente concordato.

L’Amministrazione, in apertura di incontro, ha espresso riserve sulla possibilità dei docenti di presentare annualmente la domanda di mobilità, quando non accontentati con l’assegnazione su scuola da loro esplicitamente richiesta, incontrando l’immediata opposizione dello  Snals su questo punto che ha ribadito il diritto del docente non accontentato su scuola di avere annualmente la possibilità di partecipare alla mobilità.

Lo Snals ha poi contestato l’introduzione dell’aliquota del 50% dei posti disponibili per i trasferimenti all’interno della provincia da posto di sostegno a posto comune, chiedendo, invece, che l’Amministrazione si faccia carico della formazione dei docenti di ruolo interessati al conseguimento del titolo di specializzazione sul sostegno.

Lo Snals ha infine ottenuto che l’assegnazione dei docenti ai posti situati in sedi ubicate in comuni diversi, rispetto a quello sede di organico, siano assegnati salvaguardando la continuità didattica ed il criterio del maggiore punteggio nella graduatoria di istituto, secondo le modalità ed i criteri definiti dalla contrattazione di istituto.

 

È in discussione , per la sua approvazione, alla VII Commissione del Senato, la proposta di legge relativa alla modifica del comma 131 della legge detta” Buona Scuola” in materia di contratti a tempo determinato del personale docente sulla scia di quanto stabilito nel Decreto Dignità.

Eliminare questa clausola che impedisce a chi ha lavorato per tre anni di continuare a lavorare con gli incarichi annuali e che aggira la normativa europea che pone un limite ai contratti a termine è assolutamente la giusta direzione, condivisa ampiamente dallo Snals. Infatti se un contratto è reiterato per più di tre annualità questa è la prova che quel rapporto di lavoro va convertito in un posto a tempo indeterminato.

La norma in oggetto, secondo la ratio del legislatore dell’epoca, non doveva costituire un problema, stante la regolarità dei concorsi e quindi le assunzioni in ruolo che sarebbero avvenute con continuità. Ma la realtà si è rivelata diversa e tale norma, nella sua definizione così come è rischia di lasciare senza lavoro numerosi docenti, con la perdita inevitabile del bagaglio di esperienza maturato negli anni.

La relazione dell’on. Barbaro espone con chiarezza le innumerevoli criticità di tale norma evidenziando la profonda ingiustizia di trattamento in essa contenuta perché costituisce l’esatto contrario di quanto indicato da tempo dall’Unione Europea: i tre anni di servizio a tempo determinato su posto vacante vanno considerati come soglia da valutare per l’assunzione a titolo definitivo e non come blocco da imporre per scongiurare questo diritto.

Come riportato nella relazione, infatti, ai sensi dell’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, (attuativo della direttiva 1999/ 70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999), qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

Su questi temi sono state discusse petizioni presso il Parlamento europeo e presentato un reclamo al Consiglio d’Europa; di recente è stata assunta la decisione di rivolgersi anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo, proprio per consentire la stabilizzazione di tutto il personale docente scolastico con più di trentasei mesi di servizio svolto. La sentenza della Corte di giustizia europea assume importanza decisiva in quanto certifica che l’Italia ha abusato della reiterazione di contratti a tempo determinato del personale scolastico senza che siano stati previsti meccanismi di tutela dei lavoratori. Va precisato però che i trentasei mesi di servizio su posto vacante e disponibile devono essere stati prestati esclusivamente in una scuola statale; sono escluse le paritarie.

La proposta di legge del DDL 355 contiene due articoli. L’art. 1 si declina in tre commi: 131, 131 bis e 131 ter:

Nel comma 131 viene espressamente stabilito che se i docenti, il personale educativo e ATA hanno lavorato per più di tre anni con contratti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili hanno diritto ad essere stabilizzati con un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Al capoverso 131-bis si stabilisce che alla scadenza del terzo anno di servizio, ai docenti, al personale educativo e ATA è attribuita la precedenza per la stipula di contratti a tempo indeterminato, nell’ambito delle graduatorie in cui risultino inseriti.

Il capoverso 131-ter inserisce una clausola di salvaguardia per tutti quegli insegnanti, quel personale educativo e ATA che, allo scadere dei tre anni di servizio, si trovino nell’impossibilità di conseguire la stabilizzazione a causa di carenza di posti.

Viene precisato nel disegno di legge che la norma tutela esclusivamente coloro che hanno maturato i tre anni di servizio su posto vacante e disponibile (destinatari della disposizione recata dall’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, attuativo della citata direttiva 1999/70/CE) e non anche coloro che hanno prestato servizio per lo stesso periodo di tempo su posti meramente disponibili (non vacanti nell’organico di diritto, disposto con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, concertato con il Ministro dell’economia e delle finanze e approvato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri) o in supplenze temporanee. In tali ultime due ipotesi infatti, pur verificandosi di fatto la stessa evenienza («servizio prestato per 36 mesi anche non continuativi»), diversa ne è la causale.

Nel caso dei posti vacanti e disponibili ricorre infatti la fattispecie prevista analiticamente dalla direttiva 1999/70/CE, nel caso dei posti disponibili in via di mero fatto o delle supplenze temporanee su posti di titolari assenti lo strumento del contratto a tempo determinato è invece utilizzato nel modo corretto (sono posti la cui esistenza è limitata all’anno scolastico o a un termine ancora più breve, legato al ritorno in servizio del titolare) e quindi non ricorrono gli estremi della tutela della direttiva europea.

L’abolizione del comma 131, secondo lo Snals è un primo passo: è un provvedimento che deve essere accompagnato da un solido e prolungato piano di assunzioni, misura imprescindibile per dare risposta ai tanti lavoratori docenti, educatori e ATA che da anni, con il proprio lavoro, danno un contributo fondamentale al funzionamento della scuola pubblica.

L’articolo 13 della Legge di bilancio 2019 attualmente in corso d’esame parlamentare contiene modifiche alla disciplina dell’attribuzione del credito d’imposta alle imprese che effettuano attività di ricerca e sviluppo.

Pur riguardando essenzialmente l’ambito della ricerca industriale, la materia interessa anche gli Enti pubblici di ricerca e le Università, utilizzabili come partner aziendali nelle attività di ricerca e sviluppo, e, in ultima analisi, è una questione che investe le relazioni pubblico/privato nella ricerca.

Ricordiamo che il credito d’imposta è un’agevolazione fiscale che permette alle aziende di recuperare parte delle spese sostenute per attività riconducibili alla ricerca e allo sviluppo (spese per il personale interno dell’azienda addetto alla ricerca, sviluppo di prototipi, spese per contratti di ricerca “extra muros” con enti di ricerca, atenei, spin off, quote di ammortamento per macchinari).

L’introduzione del credito d’imposta per ricerca e sviluppo è stata pensata dal legislatore come uno strumento di stimolo della ricerca privata che, in Italia, soffre tradizionalmente rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa. L’innovazione di processi e prodotti dovrebbe, infatti, far crescere la competitività delle industrie nazionali.

Sulla reale efficacia di questo strumento il dibattito è aperto, c’è però da dire che esso è stato introdotto da pochi anni e che avrebbe bisogno di un più attento monitoraggio.

Il credito d’imposta è disciplinato nell’articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013, come successivamente modificato (in particolare dalla legge di bilancio 2017, legge n. 232 del 2016, e dal “decreto dignità”, D.L. n. 87 del 2018).

La legge di bilancio attualmente in parlamento conferma la misura, ma per certi versi la depotenzia.

Le novità principali introdotte nell’articolo 13 riguardano il dimezzamento della quota di spese agevolabile, che passa in alcuni casi dal 50% al 25%, e dell’importo annuo massimo concedibile che scende da 20 a 10 milioni di euro.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda le spese per il personale sono ammissibili al credito solo quelle relative a personale dipendente titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, che sia direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (spesa agevolabile al 50%); la disciplina vigente invece vi include genericamente le spese per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo. Invece il personale titolare di rapporto di lavoro autonomo o comunque diverso dal lavoro subordinato, direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, è una spesa agevolabile al 25%.

Relativamente a quali spese per contratti di ricerca sono ammissibili, l’articolo 13 distingue tra quelle per le quali continua a valere il credito d’imposta al 50% e quelle per le quali viene introdotto il credito al 25%.

Restano al 50%:

  • contratti stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati;
  • contratti stipulati con imprese residenti rientranti nella definizione di start-up innovative e di PMI innovative, a condizione che non appartengano al medesimo gruppo dell’impresa committente. A tale scopo verrà effettuato il controllo a fini civilistici (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.), inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali; per le persone fisiche si tiene conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati a fini fiscali (articolo 5, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986).

Passano al 25%:

  • contratti stipulati con imprese diverse da quelle indicate precedentemente. Restano valide le precisazioni fatte sopra circa la non appartenenza al medesimo gruppo dell’impresa committente ed i relativi controlli.

Le misure sopra esposte intendono orientare una relazione tra imprese, enti di ricerca e università, nonché tra imprese e start-up e PMI innovative. In questo senso sembrano essere dirette a favorire l’innovazione e la ricerca. Resta però dimezzato il tetto di spesa agevolabile e questo depotenzia di fatto la misura in questione.

Per concludere, l’articolo 13 introduce tra le spese agevolabili quelle sostenute per materiali, forniture e altri prodotti analoghi direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo.

Infine, vengono introdotti alcuni adempimenti certificativi per il riconoscimento e per l’utilizzabilità del credito d’imposta.

Si è svolto oggi 28 novembre, all’ARAN, l’ottavo incontro dedicato alle trattative per il rinnovo del CCNL Dirigenza Area Istruzione e Ricerca.

Per l’Aran era presente il presidente Gasparrini ed il dott. Mastrogiuseppe. Il presidente ha subito chiarito che l’Aran non è ancora in grado di fornire assicurazioni circa l’entità delle risorse disponibili per gli incrementi stipendiali in grado di garantire l’equiparazione della parte fissa della retribuzione di posizione a quella delle altre dirigenze.

La discussione poi si è aperta con l’intervento del dott. Mastrogiuseppe che ha illustrato la nuova proposta in tema di responsabilità disciplinare, chiarendo che il testo è stato rielaborato recependo alcune delle proposte emerse al tavolo. In particolare sono state accolte alcune richieste dello SNALS Confsal in ordine alla possibilità di tutelare maggiormente i dirigenti scolastici in caso di procedimento disciplinare ed in particolare sul meccanismo automatico del licenziamento in caso di recidiva.

È stata recepita l’indicazione di limitare gli obblighi relativi alla sicurezza ed agli infortuni alla responsabilità gestionale ed organizzativa.

La discussione è proseguita sull’articolato dedicato agli aspetti economici, sui quali gravano ancora le incertezze sulle risorse disponibili e sulla loro esigibilità nel periodo di vigenza del prossimo contratto. Lo Snals ha proposto di rinviare alla contrattazione integrativa nazionale la determinazione dei compensi relativi alla retribuzione di risultato, escludendo l’obbligo del richiamo assoluto alla differenziazione sostanziale ed alla graduazione della prestazione dirigenziale. A tal proposito lo Snals Confsal ha già inviato all’ARAN una nota formale con la richiesta di riscrittura delle disposizioni comuni in materia di trattamento economico ed in particolare di quelle relative alla retribuzione di risultato.

Lo Snals Confsal ha chiesto infine la fissazione di un termine per la definizione della questione economica. Decorso tale termine si avvierà la proclamazione dello stato di agitazione della categoria non escludendo ulteriori azioni più incisive di lotta.

Il prossimo incontro ci sarà il 13 dicembre.

Vi terremo costantemente aggiornati sull’evoluzione delle trattative.

Al termine dell’incontro tutte le organizzazioni sindacali presenti al tavolo delle trattative hanno condiviso e sottoscritto il seguente comunicato:

“Al termine dell’incontro del 28/11/2018 per il rinnovo del CCNL dell’area dirigenziale istruzione e ricerca la parte sindacale esprime unanimemente il più profondo disappunto per la mancata certificazione delle risorse relative al FUN 2017/2018, indispensabili per la chiusura positiva della trattativa. Chiede pertanto che tale incertezza sia rimossa entro la data della prossima riunione fissata per il 13 dicembre”.

Sono state pubblicate dal MIUR le prime FAQ sul Concorso straordinario infanzia e primaria.

E’ probabile che le stesse vengano arricchite da altre FAQ, per cui riportiamo l’indirizzo ufficiale del MIUR ove reperire le informazioni in tempo reale:  http://www.miur.gov.it/web/guest/concorso-infanzia-primaria/faq

Di seguito elenchiamo le attuali FAQ disponibili:

1) D: Sono una docente in possesso del diploma magistrale conseguito prima del 2001-2002, a seguito di provvedimento giurisdizionale, sono stata nominata in ruolo con clausola risolutiva. Usufruisco della riserva di posti di cui alla legge 68 del 1999. Sulla domanda di partecipazione al concorso straordinario posso dichiarare, ai sensi dell’art. 4, comma 6, lettera q), del bando, al pari dei docenti a tempo determinato, il certificato di iscrizione ai centri per l’impiego? R: Sì, in quanto nei casi in cui l’aspirante non possa produrre il certificato di disoccupazione, poichè occupato al momento della presentazione della domanda, potrà comunque dichiarare nella domanda polis, al pari del personale a tempo determinato, la data e la procedura nella quale ha presentato in precedenza, il certificato di disoccupazione.

2) D: Posso partecipare sia per i posti comuni che di sostegno? R: Sì. Fermo restando il possesso dei requisiti (diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 o laurea in scienze della formazione primaria, servizio prestato in una scuola statale per due annualità anche non continuative negli ultimi otto anni e ove si concorra per il posto di sostegno, anche diploma di specializzazione), il bando offre un ventaglio di quattro possibili candidature:

  1. posto comune scuola primaria;
  2. posto comune scuola dell’infanzia;
  3. posto sostegno infanzia;
  4. posto sostegno primaria.

Il candidato può presentare domanda per uno o più dei posti su indicati.

3) D: Il Bando prevede il pagamento di un contributo di segreteria di 10 euro. Io vorrei partecipare per diverse tipologie di posto o per la stessa tipologia di posto nei due gradi di scuola considerati. Come devo effettuare il pagamento? R: Il pagamento deve essere effettuato distintamente per ogni procedura a cui si partecipa. Quindi, se si partecipa per più tipologie di posto o ordini di scuola, il pagamento deve essere effettuato per ciascuna tipologia di posto / ordine di scuola per cui si concorre. È possibile effettuare più pagamenti in un’unica soluzione.

4) D: Il servizio che ho prestato in una scuola dell’infanzia paritaria integra le due annualità, anche non continuative, previste dal bando come requisito di partecipazione? R. No. Il servizio utile ai fini del possesso dei requisiti di partecipazione è esclusivamente quello svolto presso scuole primarie o dell’infanzia statali, come docente di posto comune o di sostegno, nel periodo compreso tra l’anno scolastico 2010/11 e l’anno scolastico 2017/18.

5) D: Come calcolo l’annualità utile ai fini della partecipazione al concorso? R. L’annualità è tale se il docente ha prestato servizio per almeno 180 giorni anche non continuativi nello stesso anno scolastico o se ha prestato servizio ininterrottamente dal primo febbraio fino alle operazioni di scrutinio finale, ovvero fino al termine delle attività nella scuola dell’infanzia. Si considera valido ai fini del possesso dei requisiti concorsuali anche il servizio prestato in parte su posto di sostegno, in parte su posto comune, purché nello stesso ordine di scuola.

6) D: Che cosa s’intende con l’espressione ‘servizio specifico’? R. Per servizio specifico s’intende il servizio prestato nello stesso ordine di scuola. Pertanto, il candidato che abbia prestato i due anni di servizio su posto comune o su posto di sostegno, ovvero abbia prestato un anno scolastico di servizio su posto comune della scuola primaria e un altro anno scolastico su posto di sostegno sempre della scuola primaria, potrà presentare domanda di partecipazione al concorso in quanto risulta soddisfatto il requisito delle due annualità di servizio specifico. Viceversa, non assolve al requisito richiesto il candidato che abbia maturato le due annualità di servizio parte nella scuola dell’infanzia, parte nella scuola primaria.

7) D: Se invio la domanda in formato cartaceo con raccomandata A/R all’Ufficio Scolastico Regionale della regione dove intendo sostenere la prova o presso la sede centrale del Ministero, la domanda ha lo stesso valore di quella inviata tramite Polis? R. No. L’inoltro telematico della domanda di partecipazione attraverso il sistema informativo POLIS costituisce modalità esclusiva di partecipazione alla procedura concorsuale. Come chiarito nel bando, le istanze presentate con modalità diverse non saranno procedibili.

8) D: È valido il servizio prestato in scuole diverse nello stesso anno scolastico? R. Sì, purché il servizio sia stato prestato nello stesso ordine di scuola (solo infanzia / solo primaria).

9) D:È valido il servizio prestato con un contratto sino all’avente diritto trasformato in altro contratto fino al 30/06 o 31/08? R. Sì, certo.

10) D: Ho diversi periodi di servizio prestato nello stesso anno scolastico come docente a tempo determinato nella scuola primaria / dell’infanzia. Come devo dichiarare i servizi? R. Nel caso di servizi non di ruolo che si sovrappongono si possono presentare 3 situazioni: – i due servizi coincidono completamente: in questo caso deve essere dichiarato solo uno dei servizi; – un servizio è completamente incluso in un altro: in questo caso deve essere dichiarato il periodo di servizio più ampio; – i due servizi si sovrappongono solo per un periodo: in questo caso deve essere dichiarato un unico periodo di servizio indicando come data di inizio quella del servizio che inizia prima e come data finale quella del servizio che termina dopo.

11) D: Perché nella mail pervenuta da Istanze on line si parla di domanda “inoltrata per convalida”? R. Ferma restando la possibilità di controllo e verifica sul contenuto della domanda prodotta dal candidato da parte dell’USR responsabile della procedura (art. 3 comma 4 del bando), il processo di verifica del possesso dei titoli di accesso prevede che siano considerati tecnicamente convalidati i titoli (culturali e di servizio) per cui l’aspirante risulti inserito negli archivi del sistema informativo del MIUR. Se ‘sconosciuto’ al sistema, il candidato dovrà dichiarare, sotto la propria responsabilità, di essere in possesso dei titoli di abilitazione/specializzazione e di servizio richiesti per partecipare al concorso. Tali dichiarazioni dovranno essere successivamente verificate per la convalida dall’USR responsabile della procedura concorsuale. Le domande trasmesse tramite le Istanze on line del MIUR, pertanto, possono avere i seguenti due stati della domanda:

  • domanda “inoltrata”, se quanto dichiarato dal candidato nell’istanza di partecipazione (titoli di abilitazione / specializzazione/ servizio) già inoltrata, coincidono con i dati del docente già acquisiti al sistema informativo e presenti nella banca dati del Miur (validazione tecnica della domanda, suscettibile di controllo successivo da parte dell’USR responsabile della procedura);
  • domanda “inoltrata per convalida”, qualora questa corrispondenza ‘tecnica’ tra quanto dichiarato dal candidato e i dati presenti a sistema non vi sia. In tal caso, il controllo sarà a cura dell’USR responsabile della procedura (validazione amministrativa da parte dell’USR)

L’ulteriore verifica e validazione da parte dell’USR competente avviene per esempio nei seguenti casi:

  • candidati per il posto di sostegno che conseguano la specializzazione entro il primo dicembre 2018 (candidati inclusi con riserva);
  • candidati per posto comune o di sostegno i cui titoli di accesso non risultano, in tutto o in parte, già acquisiti al sistema informativo e ai quali il sistema abbia chiesto di autocertificarne il possesso tramite la compilazione di sezioni dedicate sul modello di istanza presente su POLIS;
  • candidati per posto comune o di sostegno che siano in attesa del documento di riconoscimento del titolo conseguito all’estero e per il quale, entro la data termine per l’inoltro della domanda, abbiano prodotto domanda alla Direzione Generale Ordinamenti Scolastici (candidati inclusi con riserva).

12) D:Ho il diploma del liceo socio psicopedagogico conseguito entro l’A.S. 2001/2002. Se posseggo le due annualità di servizio specifico richieste nel bando, posso partecipare al concorso? R. Sì.

13) D:Sono un docente di ruolo in possesso dei requisiti di servizio richiesti. Posso dichiarare il servizio prestato con un’unica data di inizio e di fine? R. No, i sevizi devono essere dichiarati per singolo anno scolastico anche se il servizio di ruolo non si è interrotto.

Si ricorda ai pensionandi che l’adesione al Fondo Credito INPS è facoltativa ma deve essere chiesta entro l’ultimo giorno di servizio.

Chi, una volta valutata la convenienza o meno, desidera aderire per il resto della vita pensionistica al fondo, deve esprimere tale volontà nella domanda di pensione indirizzata all’Ente di previdenza, mettendo un segno di spunta nella casella “ di aderire a Fondo Credito”.

Si ricorda che in attività di servizio la ritenuta, come si può evincere dal cedolino, è dello 0,35% e da pensionati si riduce allo 0,15 %.

Le percentuali sono da calcolare sul lordo mensile sia dello stipendio che della pensione.

Vantaggi: aderendo al Fondo Credito, un pensionato con un lordo mensile di € 2.000 avrà una trattenuta mensile di € 3.00.

Avrà, altresì, la possibilità di continuare ad usufruire, come quando era in servizio, delle richieste:

  • per piccoli prestiti: fino a due mensilità, senza richiesta di alcuna documentazione;
  • prestiti pluriennali quinquennali: restituibili in 60 rate mensili;
  • prestiti pluriennali decennali: restituibili in 120 rate.

I prestiti pluriennali, contrariamente a quanto previsto per i piccoli prestiti, sono finalizzati per sostenere delle spese rientranti in uno specifico elenco (quinquennali o decennali).

Sono comunque previste richieste di specifiche documentazioni.

Si invitano gli interessati a valutare bene la situazione, tenendo anche in considerazione la possibilità di utilizzare queste procedure per aiutare economicamente i figli.

Si è tenuto, a Lisbona,  il Convegno  “Professionisti e sindacati dell’istruzione: orizzonte 2025” organizzato dalla CESI, la Confederazione Europea dei Sindacati Indipendenti, di cui la Confsal è uno dei membri italiani.

Questa mattina il Segretario generale, Elvira Serafini, in rappresentanza della Confsal e dello SNALS, ha partecipato alla tavola rotonda “Il ruolo delle parti sociali nel migliorare la percezione della professione insegnante: quale il contributo delle parti sociali in termini pratici?”.

Riportiamo, di seguito, l’intervento del Segretario generale SNALS-Confsal:

LISBONA 22-23 NOVEMBRE 2018

“Professionisti e sindacati dell’istruzione: Orizzonte 2025”

TAVOLA ROTONDA

“Il ruolo delle parti sociali nel migliorare la percezione della professione insegnante: quale contributo delle parti sociali in termini pratici?”

Intervento Elvira Serafini(CONFSAL) Italia

A nome dello SNALS, della Confsal e mio personale, porgo i miei saluti alla CESI, all’Accademia, ai relatori di questa tavola rotonda e a tutti i partecipanti.

Il tema assegnato è particolarmente impegnativo perché chiama in causa il ruolo del sindacatonella società attuale, in un momento in cui le forme di rappresentanza e di partecipazione sono messe in discussione dai mutamenti della società e del mondo del lavoro.

Trasformazioni che investono il ruolo delle istituzioni educative e dei loro operatori, in primo luogo degli insegnanti. Richiamo sinteticamente quattro punti di attenzione che caratterizzano il contesto attuale e che hanno grande influenza sulla funzione degli insegnanti e sulla loro considerazione sociale.

Il primo punto: il cambiamentoprofondo nel modo di apprendere e di studiare degli studenti, di trattare le conoscenze e di rivolgersi alle fonti di informazioni. Cambia però anche il loro sistema di relazionarsi con gli adulti che educano e insegnano. Da ciò deriva la necessità di un ripensamento sugli ambienti di apprendimento, sul profilo professionale dei docenti e sulle loro competenze: tutto ciò però non deve tradire la loro funzione di costruttori di sapere e di pensiero critico e libero.

Il secondo punto: la mancanzadi una condivisione dei valori in campo educativo, in una società che va verso una concezione troppo utilitaristica dell’istruzione, dove non trova spazio, accanto alla costruzione delle competenze, l’indicazione dell’orizzonte di senso e di significato della conoscenza e della cultura nella vita delle persone, nella società e nell’economia.

Il terzo punto: la presenza di un quadro generaledi frammentazione, di isolamento, di solitudine, anche tra i giovani, mentre non è chiarociò che va chiesto alla scuola, che non può essere un “contenitore” di tutte le emergenze educative e sociali. Ciò è dovuto anche alla famiglia e alla società che hanno ceduto gran parte delle loro funzioni alla scuola, a cui delegano molti compiti educativi, l’orientamento ai valori e ai comportamenti socialmente accettabili, il sostegno alle molte fragilità dei giovani di oggi, il contrasto ai fenomeni di marginalizzazione e prevaricazione.

Il quarto punto: la diffusione di fenomeni complessiCi troviamo ad affrontare nuovi processi, alcuni dei quali rappresentano sfide ai nostri strumenti di interpretazione e di intervento: la globalizzazione, i flussi migratori, gli squilibri sociali, l’innovazione tecnologica, le disuguaglianze nelle condizioni economiche, nelle opportunità di vita e, soprattutto, nei livelli d’istruzione.

Sono tutti fenomeni presenti nei processi nazionali e sovra-nazionali che stimolano a interrogarci sull’assetto della società e a riflettere sugli obiettivi formativi della scuola, sui diritti e sulla dignità di ciascuna persona che la scuola deve tutelare e sul ruolo degli insegnanti.

Quale contributo può dare il sindacato?Ritengo che l’azione delle parti sociali possa e debba essere fondamentale perchépossono operare a livello di politiche generali e settoriali, all’interno dei singoli Paesi e a livello europeo, affinché si possano affermare alcuni fondamentali principi e ottenere le conseguenti misure.

Indico, in sintesi, cinque priorità e piste di intervento.

La prima priorità: mettere l’educazione al centro delle politiche.L’educazione deve rappresentare la questione centrale della discussione pubblica, al pari dell’economia di cui si discute tutti i giorni, ma dove non trova spazio la riflessione sulla povertà educativa. La serietà degli studi, la conoscenza e la cultura sono strumenti per il riconoscimento del merito e per la mobilità sociale, sono un fattore di contrasto delle discriminazioni sociali ed economiche, sono indispensabili presupposti per una società democratica che fa propri i valori dell’integrazione, dell’inclusione e della promozione delle eccellenze.

Il sindacatodeve mettere al centro della sua azione e delle sue rivendicazioni la centralità della persona e deve porsi l’obiettivo dell’accesso universale all’istruzione sia dei giovani che degli adulti a partire dal diritto al continuo incremento delle conoscenze e abilità. In tal modo sirispondealle sfide dei nuovi processi di organizzazione, di produzione e di digitalizzazione, che richiedono competenzepiù elevate e l’attivo coinvolgimento delle persone.

La rivendicazione di questo dirittoper le persone e per i lavoratori contribuisce a dare un ruolo strategico agli insegnanti, a ogni livello e in ogni istituzione dove si esercita la loro professione.

La seconda priorità:riconoscere il ruolo sociale della scuola e degli insegnantie adottare misure a sostegno della professionalità.Le scuolesono un presidio di legalità, di convivenza civile, di integrazione e di accoglienza, di vera resistenza verso una “cultura” che non ha certo l’obiettivo della scuola: quello di formare persone libere.

Mi riferisco alla capacità della scuola di promuovere la formazione di tutti e di ognuno, di accogliere anche gli alunni con cittadinanza non italiana, i minori non accompagnati, i giovani negli istituti carcerari e negli ospedali.

Mi riferisco, in particolare, all’esperienza italiana di garantire nelle classi comuni il diritto all’istruzione degli studenti con disabilità. Quando parliamo di scuola ci riferiamo a un mondo complesso dove sono in gioco bisogni formativi differenziati che hanno bisogno di concrete misure.

Il sindacatoin Italia sta ancora conducendo una dura battaglia affinché ciò che la legge previde si traduca in effettivecondizioni per la scuola e per la sua “missione istituzionale” rivolta a tutti i giovani.

Ancora oggi stiamo conducendo la nostra battaglia contro la carenza di insegnanti specializzati per il sostegno agli alunni con disabilità, l’insufficienza di fondi per una formazione in servizio mirata, la realtà di scuole con troppi studenti e di classi troppo numerose, il fenomeno del precariato. Tutto ciò impedisce efficacia educativa, relazioni costruttive e controllo sui comportamenti.

Queste condizioni influiscono direttamente sull’esercizio della funzione docente, creano demotivazione e stress e generano nell’opinione pubblica una percezione di non qualità sia rispetto alle scuole sia ai singoli professionisti dell’istruzione.

Attraverso gli strumenti della partecipazione sindacale e la contrattazione stiamo mantenendo un forte presidio su tutti questi fenomeni con proposte concrete su investimenti finanziari e processi organizzativi.

La terza prioritàcostruire un’alleanza tra istituzioni.Le politiche educative e formative hanno bisogno di una svolta culturale e di una  responsabilità collettiva. Non è questione di individuare soggetti che devono assumersi responsabilità singole, ma piuttosto quella della messa in campo di intelligenza, creatività e cultura che tutti siamo chiamati a mobilitare per interpretare scenari nazionali e mondiali e bisogni diffusi.

Occorre creare un nuovo contesto di alleanze tra istituzioni nazionali e locali che operano a garanzia dell’interesse pubblico; serve anche re-interpretare l’alleanza scuola-famiglia e a darle nuove pratiche, soprattutto rispetto agli episodi di violenza e prevaricazione verso gli insegnanti che sono sempre più frequenti.

La scuola non può essere lasciata solae non basta che l’amministrazione si costituisca parte civile nelle aule dei tribunali, anche se è un atto importante. Serve piuttosto una presa di coscienza dell’intera società.

Il sindacato, corpo intermedio e presente ai tavoli di confronto di tutti i livelli territoriali e istituzionali, deve dare il suo contributo perché le scelte siano indirizzate verso l’istruzione e la ricerca, che hanno effetti significativi anche in campo economico.

I dati confermano che aziende con imprenditori e lavoratori più istruiti si posizionano meglio sul mercato, hanno tenuto meglio la crisi economica, sono più produttive, aumentano l’uso delle tecnologie e attivano processi innovativi.

Tutto ciò ha impatti rilevanti: sull’aumento dei posti di lavoro, sulla crescita economica, sull’occupabilità delle persone e sulla loro soddisfazione lavorativa.

La quarta priorità: valorizzare gli insegnanti attraverso icontratti collettivi. Il Contratto di lavoro deve rimanere la strumento principale per valorizzare tutte le professionalità all’interno della scuola e principalmente quella dei docenti e per tutelare l’autonomia e la libertà d’insegnamento e di ricerca.

In questo momento in cui in Italia si sta discutendo la manovra finanziaria dove devono essere inserite le risorse per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoroper il personale dell’Istruzione e della Ricerca.

Lo Snals – la federazione che rappresenta scuola, università, alta formazione artistica e musicale e enti pubblici di ricerca – insieme alla Confsal -la confederazione generale dei lavoratori autonomi – stanno seguendo, con grande attenzione e determinazione, l’intero iter parlamentare della legge di bilancio.

Vogliamo valutare il Governo nella sua volontà di considerare la scuola settore di investimento e non di spesa e di riconoscere agli insegnanti italiani il diritto ad avere retribuzioni almeno pari alla media dei Paesi dell’eurozona.

Il prestigio sociale passa anche attraverso stipendi che riconoscano finalmente il loro impegno e il loro ruolo nella società.

Il sindacatonon solo deve dare voce al diffuso disagio e difendere diritti, ma deve anche raccogliere la volontà dei lavoratori della scuola di riconquistare credibilità e autorevolezza.

Obiettivi del nostro sindacato sono, dunque, retribuzioni europee e il riconoscimento di un ruolo che non deve essere appiattito su logiche impiegatizie e burocratiche, ma che deve riprendersi lo spazio di decisione sull’organizzazione del lavoro. Per questo siamo impegnati a riportare importanti materie del rapporto di lavoro nella contrattazione sindacale, sottraendole all’esclusivo potere della parte datoriale, che nel caso italiano è lo Stato.

La quintapriorità: considerare gli insegnanti costruttori di una nuova EuropaL’orizzonte europeo, al quale occorre dare una diversa prospettiva, deve trovare nell’istruzione e nella cultura il suo pilastroper politiche di maggiore attenzione ai diritti, alla coesione sociale e alle istanze dei cittadini e dei lavoratori, rispetto alle esigenze dell’economia e della finanza.

È indispensabile un’Unione Europea che riprenda in mano la sua vocazione culturale coniugandola con l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo sostenibile.

Il sindacatodeve porre con forza la questione degli investimenti nel settore dell’istruzione e della ricerca, nella promozione della professionalità degli insegnanti e nell’interazione con le politiche attive per il lavoro.

Il futuro è l’innovazione, la formazione e la professionalizzazione dei lavoratori per creare nuovi posti di lavoro e migliore occupazione.

Sono convinta che la CESI e tutti i Sindacati Indipendenti possono essere determinanti nella costruzione di una vera Unione europea tra istituzioni e popoli, dove gli insegnanti giocano un ruolo veramente cruciale.